Era tutto chiaro nella sua mente: giorno, meteo, distanza.
Obiettivo: Gibilterra. Base di partenza: Istres.
Sugli aeroplani prescelti andavano montati i nuovi serbatoi a lunga autonomia progettati dall’ingegner Baudazzi, i motori revisionati a fondo e messi a punto, i siluri Whitehead, tassativamente forniti dalle affidabili officine Adamas, controllati e rimontati perfettamente, i meccanismi di sgancio provati e riprovati.
La scena dell’azione era vivida davanti ai suoi occhi; come fosse già realtà riusciva addirittura ad immaginarsi i titoli dei giornali spagnoli: “Los torpederos italianos Savoia atacan el puerto de Gibraltar! Nuestros soldados vigilan el ataque desde Torre Nueva”.
Sarebbero arrivati all’imbrunire, bassi sul mare, in vista della Rocca e tenendo come punto di riferimento Torre Nueva avrebbero compiuto una cabrata veloce ed in formazione di fila si sarebbero infilati a sinistra nell’entroterra costeggiando la Línea de la Concepción.
Sotto il naso dei soldati spagnoli avrebbero scavallato l’istmo, compiuto una larga virata a sinistra per presentarsi all’obbiettivo da ovest con il sole basso alle spalle, staccato i motori ed in planata veloce saltato d’un balzo le difese contraeree esterne per poi dare tutto gas ed irrompere nel porto di Gibilterra come volpi nel pollaio.
A navi ferme in rada l’attacco sarebbe stato da manuale, come quando ci si addestrava al nucleo di Gorizia.
Si sarebbero allargati ed ognuno avrebbe scelto il suo bersaglio, dando priorità ai piroscafi più interni, le prede più ambite. Poi sarebbero scesi a 60 metri, fissato la velocità a 300 km/h ed in perfetto assetto orizzontale sganciato a 500 metri, il minimo indispensabile per permettere al siluro di stabilizzarsi alla giusta profondità e colpire infallibilmente il bersaglio.
Per mettere insieme la forza d’attacco destinata a Gibilterra avrebbe riesaminato tutti gli ultimi rapporti di missione, analizzato ancora una volta i risultati di ogni equipaggio, incrociato versioni, confrontato fotografie. Ogni singolo uomo sarebbe stato valutato ripartendo da zero, scelto o scartato.
Il “suo” 132mo era sempre stato un gruppo modello, il personale selezionatissimo da subito: non c’era mai stato posto per piantagrane, fifoni e lavativi. A maggior ragione in questa missione non voleva scherzi da prete quando le cose si sarebbero fatte davvero difficili. Aveva bisogno dei migliori che erano rimasti. La missione era difficilissima, al limite delle possibilità umane, ma volere è potere, il resto l’avrebbe fatto quel pizzico di fortuna che aiuta gli audaci a superare le cannonate.
Everything was clear in his mind: the day, the weather, the distance. Objective: Gibraltar. Starting base: Istres. On the selected planes, the new long-range tanks designed by Engineer Baudazzi were to be mounted, the engines thoroughly overhauled and fine-tuned, the Whitehead torpedoes, strictly supplied by the reliable Adamas workshops, checked and perfectly reassembled, and the release mechanisms tested and retested.
The scene of the action was vivid before his eyes, so real; as if it were already reality he could even imagine the headlines of the Spanish newspapers: “Los torpederos italianos Savoia atacan el puerto de Gibraltar! Nuestros soldados vigilan el ataque desde Torre Nueva.”
They would arrive at dusk, flying low over the sea. Upon sighting the Rock, using Torre Nueva as a reference point, they would pull up sharply, and in single file formation, they would slide to the left skimming over La Línea de la Concepción.
Under the noses of the Spanish soldiers they would cross the isthmus, make a wide turn to the left to approach the target from west with the low sun behind them, cut off the engines, and in a swift glide, leap over the external anti-aircraft defenses to then go full throttle and burst into the port of Gibraltar like foxes in a henhouse. With ships stationary in the bay, the attack would have been by the book, like when they trained at the Gorizia core. They would spread out, and each would choose his target, prioritizing the innermost ships, the most coveted prey. Then they would descend to 60 meters, set their speed to 300 km/h, and in a perfect horizontal position, release at 500 meters, the bare minimum to allow the torpedo to stabilize at the right depth and infallibly hit the target.
To assemble the attack force for Gibraltar, he would have revisited all the latest mission reports, analyzed the results of each crew once again, cross-referenced versions, and compared photos. Every single man would have been evaluated starting from scratch, either chosen or discarded. “His” 132nd had always been a model group, the staff highly selected from the outset: there had never been room for troublemakers, cowards, and slackers. All the more reason for this mission he didn’t want any foolish pranks when things would really get tough. He needed the best who were left. The mission was very difficult, at the limit of human possibilities, but where there’s a will there’s a way, the rest would be done by that bit of luck that helps the bold to overcome the cannon fire.
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