di Davide Nicola Pizzolato

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E’ un personaggio fuori dal comune. In lui c’è un poco dell’anima giapponese che riesce a passare dalla poesia più sublime alla violenza più efferata. Ma d’Annunzio tutto questo lo fa con stile, accompagnandoci dalla dolcezza di un bacio al sapore metallico del pugnale con la leggerezza di chi ha confidenza con l’Amore e la Guerra, due pericoli così simili tra loro. D’Annunzio conquistatore di donne, di imprese e di città, d’Annunzio solitario e malinconico che si rinchiude e d’Annunzio che lasciando la vita spalanca il suo rifugio agli Italiani. Lui ha quel che ha donato. E ci dona passione, forza, volontà ed audacia in un turbinio di colori, di sensazioni, di tatto, sfregamento ed odori di impulsi carnali e di sangue freddo che si mescolano e premono sul petto inebriandoci. Taci, piove, due parole che stordiscono, promettono, ghermiscono. Perché d’Annunzio vive in ogni goccia che piove sul Vittoriale, respira in ogni brezza che sale dal lago, la sua pelle è ora pietra, corteccia e metallo e tutto permane e continua in un’eco che non si spegne, alimentato da chi rinnova quel fremito sublime facendo scricchiolare nei passi la ghiaia minuta dell’Arengo, carezzando gli arazzi ed i mobili e serrando con la mano la maniglia delle porte nella Prioria e respirando l’aria di quei luoghi, restituendola viva. Ma noi non potevamo viver sempre pellegrini in quel luogo, ne’ potevamo lasciar lui prigioniero di quei cancelli. Non potevamo non Osare, dovevamo. Non potevamo non pensarci Sempre, ne eravamo costretti. Metter d’Annunzio in un oggetto materiale, immobile, freddo, rinchiuderlo in una scatola solo per portarlo con noi, imprigionarlo era impensabile e poi non ci era possibile. Dovevamo invece liberarlo al mondo, lasciandogli facoltà ed azione di sdraiarsi su un divano, di profumarsi ed avvolgersi ad una bella donna, di andare a compiere imprese e poi padrone di rinchiudersi in un cassetto a meditare.
Una sciarpa dunque, a dar corpo al pensiero, a unire il bello al tatto e opporre il calore al freddo, scolpire l’azione nel colore, perché ora che è spirito d’Annunzio può esser tutto, l’amante calda e prepotente che ebbe, poema che non all’orecchio ma alla guancia sfiora e sussurra, Taci, Ascolta, Osa, ardito compagno di combattimenti della vita e poi infine rifugio, Vittoriale riposo, sacrario d’arte e pensieri malinconici nei quali avvolgerci.

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